venerdì 29 ottobre 2010

Un anno fa all'EICMA

Un anno fa all'EICMA è iniziato un po' tutto e siamo usciti allo scoperto, è stata la nostra prima uscita pubblica. Per noi di Real-Bikes quello di quest'anno è un Salone particolare, è un piccolo anniversario, è il primo giro di boa, per questo ci viene voglia di guardare un attimo indietro e riflettere un secondo sulla strada fatta. Certo, ne abbiamo ancora tanta da macinare, anche se in questo anno di chilometri e di pixel ne abbiamo masticati un bel po'. Ma non basta, non basta di certo. Così, per prepararci al Salone che incombe, ci riguardiamo quello che ci colpì lo scorso anno: lo avevamo raggruppato tutto qui, in un unico post, così da poterselo guardare e riguardare quando ci avrebbe fatto comodo, e oggi ci fa comodo.

Foto del nostro impareggiabile Max, il fotografo che tutto il porno ci invidia.

venerdì 1 ottobre 2010

Kawasaki Z1000SX

A vederla così non sembra male... voi che dite?

Un po' sportiva, un po' turistica, ex nudista...

Frecce integrate e ampie prese d'aria, anche da qui si evince l'attitudine turistica.

Il codino è rimasto pressoché inalterato rispetto alla Z1000

Il tipico eccentrico Kawa non deve distrarci, il soggetto è il disco del freno.

Strumentazione completa e leggibile o almeno sembra. Finalmente una lancetta, basta con 'ste barrette digitali alla Tipo Digit.

Il terminale è ancora lui... purtroppo.

Toh... un ammortizzatore. A cosa servirà?


Grazie alla trasparenza capiamo chiaramente che la Z1000SX avrà un motore con tanto di air-box, un monoammortizzatore posteriore e un impianto di scarico. Il tutto in mezzo a due ruote. Mmm stupefacente.

Doppio disco a margherita e pinza ad attacco radiale con griffe Tokico.

Un cupolino protettivo, un manubrio alto e due specchietti più sporgenti di quelli di un camper: quello che ci vuole per rendere la naked una mangiachilometri.

Per il passeggero non è ancora giunto il momento di rilassarsi, però abbiamo visto torture peggiori.

Ma ci hanno messo il cupolino regolabile della GTR?

Nel caso non riusciate più a convincere il passeggero a venire in vacanza con voi, c'è un bel guscio per i momenti di solitudine.

domenica 26 settembre 2010

Una domenica di settembre

Ieri sera, la ultra-centenaria proprietaria del Grimselblick (non è vero ha solo superato brillantemente gli 80) si è congedata invitandoci a proseguire pure con le birre e a dormire tranquilli, che tanto da lì non saremmo ripartiti prima di lunedì quando, forse, sarebbe arrivato qualcuno ad aprire la strada. E così abbiamo fatto, con più disinvoltura il sottoscritto, con qualche difficoltà in più l'esagitato Massi, ansioso di tornare a Milano. Beati, ci siamo avvolti nei rispettivi piumoni, decisi a svegliarci solo a tarda mattinata. Invece è accaduto il miracolo e siamo stati risvegliati dal suono della cavalleria rusticana. Increduli ci siamo affacciati alla finestra e ci siamo dati un paio di pizzicotti: non era un'allucinazione, sulla strada c'erano una fresa e uno spalaneve! Mai rombo di motore fu più dolce.

Stefan, il figlio dell'ultra-centenaria, è ritornato a liberare il passo in compagnia di un paio di amici rubicondi. Carichi di adrenalina siamo scesi dal letto e ci siamo subito prodigati a preparare le borse e a organizzare la ripartenza, non prima di un'adeguata colazione ovviamente.
Convinti di partire e desiderosi di farlo alla svelta, abbiamo salutato tutti e siamo andati alle moto. Solo allora abbiamo realizzato che davanti al garage c'era più di un metro di neve. Per una volta tanto, dunque, ci è toccato lavorare e per un paio d'ore abbiamo spalato neve per liberare le nostre belle. Una volta riesumate come mummie da una piramide, ci siamo accorti che i blocchetti si erano quasi ghiacciati: un po' d'acqua calda e ci mettiamo in marcia.

La discesa dal passo innevato è qualcosa di indescrivibile. Fa freddo, ma non importa, lo spettacolo proiettato nelle visiere dei nostri caschi, in esclusiva per noi, merita sofferenze peggiori. Scendiamo indisturbati e ammiriamo il Furka, dall'altra parte della valle, ricoperto di neve. Alle nostre spalle il vento solleva ancora le neve più fresca e crea una nuvola bianca che sembra una valanga; grazie al gioco dei tornanti le passiamo attraverso e poi ridiscendiamo giù, fino alla sbarra che ci ricorda che il passo è chiuso e ci consente di destare la curiosità di alcuni escursionisti.
Ci fermiamo a fare alcuni scatti, il paesaggio è meraviglioso e sappiamo, perché lo abbiamo visto dall'alto, che il dipinto bianco finirà poche curve dopo, sostituito dal verde che è consuetudine in questa stagione. Pochi chilometri e guadagniamo Oberwald, dove la gente raccolta attorno ad alcuni treni a vapore ci ricorda che in fondo tutto è normale, è consuetudine, e ci fa capire che nessuno, qui, è rimasto bloccato dalla neve: è una normalissima domenica di settembre.
Di qui scendiamo per la bellissima valle del Goms fino a Briga, imbocchiamo la strada del Sempione e ci ricongiungiamo in men che non si dica con il traffico milanese di rientro dalla gita al lago. Già, è una normalissima domenica di settembre.


martedì 7 settembre 2010

C'è un modo giusto per morire

Tomi muore, nel modo che tutti abbiamo visto. Faccio un giro tra i quotidiani. A cadavere ancora caldo si scatenano le polemiche, di giornalisti e postatori: nel silenzio della morte c'è un gran baccano. Le bandiere rosse, la gara che doveva essere interrotta, la MotoGP che non doveva partire, tutta colpa degli sponsor, degli spot, dello show televisivo che non si ferma neanche davanti alla morte di un ragazzo di vent'anni.
Cadono sentenze lapidarie, che si incattiviscono l'una con l'altra nel mare magnum della rete. Ogni post, editoriale o lancio di agenzia fa l'effetto di una goccia: crea un cerchio su uno specchio d'acqua. Solo che le gocce sono migliaia, e si intersecano, e la superficie d'acqua ribolle, tra giornalisti che in quel gran baccano parlano di indifferenza e postatori che lanciano strali contro il motociclismo tout court,
"uno "sport" che ha come divertimento la sistematica violazione del Codice stradale" (sic).
Io leggo, a volte le dita prudono, ma mi fermo. Cerco sempre di non abboccare a queste trappole ed evito di farmi e fare ad altri il sangue amaro buttandomi nella mischia. Adotto questo snobismo quando ho la convinzione che tanto, a fine chiacchiere, ciascuno resta della propria opinione.
Allora vado
sulla piazza di Facebook, che per me è un male necessario, ma dove posso trovare i miei amici motociclanti e dove spero di trovare finalmente un po' di umana compassione (nel senso latino del termine, di "sentire con"). La trovo, e oscilla tra il nostro solito fatalismo e qualche sentimentalismo retorico. In qualche caso, quando vedo che i post su Tomi si moltiplicano sullo stesso profilo, ho la sgradevole sensazione che qualcuno punti a fare incetta di visite e interazioni. Ma non mi piace pensar male e allora mi convinco che qualcuno, molto semplicemente, non si dà pace.
Poi mi accorgo che anche tra i non motociclanti si moltiplicano i commenti, scatenati da una notizia che è finita in prima pagina su tutti i giornali. Vengo in particolar modo colpita da una bacheca, di persona notoriamente intelligente, acuta e circondata di intellettuali sempre pronti a difendere i rom dalla cacciata dei Sarkò o la dignità della donna dalle battutacce di un Presidente, e ci vado, tanto per vedere se con la lucidità di
intellettuali non coinvolti (perché non motociclanti né appassionati di motociclismo), sanno offrirmi una nuova visione della faccenda. Scopro che il vocabolario si ripete: "ripugnante", "spregevole" e "agghiacciante" sono relativi al "giogo di una verità lucrativa", di un pubblico che voleva star lì a vedere la fine della gara, di un Valentino che ricorda come Tomi facesse tanto ridere. La gara che doveva essere interrotta, la MotoGP che non doveva partire, tutta colpa degli sponsor, degli spot, dello show televisivo che non si ferma neanche davanti alla morte di un ragazzo di vent'anni. Però non parlano delle bandiere rosse.
Allora, nonostante la delusione per post che non mi dicono nulla di nuovo ma stimolata dalla platea che preferisco pensare ricettiva, provo. Mi scuso per l'intrusione, dico che rispetto la loro ripugnanza. Provo a dire che il mondo dei piloti segue logiche a parte, che prescindono persino dalle logiche degli spot e degli sponsor. Che
oggi il giro di quattrini facilita solo il dito puntato e regala un capro espiatorio per qualcosa che forse sarebbe avvenuto comunque. Una volta, quando i piloti correvano e si ammazzavano molto più spesso e più facilmente di ora e non c'era la Mondovisione a riprenderli e per fare le gare un Campione del Mondo chiedeva le ferie all'ENEL dove lavorava e ci andava col Fiorino, il modo migliore per onorare un compagno morto era correre. Aggiungo in post scriptum due piccole considerazioni tecniche su quanto avvenuto ieri (tipo che forse c'è da chiedersi se serviva proprio una striscia d'erba sintetica dopo il cordolo e se forse 38 piloti in una manciata di secondi non siano troppi). La maggior parte dei benpensanti rende onore al mio intervento con "La madre degli ignoranti è sempre incinta....!!!!" e "Non c'è più da stupirsi di nulla...quando mancano i valori...". Poi vedo che la titolare della bacheca interviene e speranzosa tiro un sospiro di sollievo, e spero che io, i piloti, i motociclisti verremo salvati come i rom e le donne (almeno verrò salvata come donna). Poi leggo che capisce le mie considerazioni tecniche (in post sciptum) e che far continuare la gara sarebbe stato come continuare a far funzionare la Thyssen mentre gli operai morivano. "Il problema è che cosa altro si può arivare a legittimare per denaro o, peggio, per un distorto senso del dovere o una depravata concezione della professionalità". Sto male e cedo un'altra volta. Provo a dire che forse le logiche a parte sono quelle dei piloli stessi, della loro testa più che degli sponsor, ed è per questo che non si possono accostare agli operai della Thyssen. Che il rischio della morte è qualcosa con cui un pilota si confronta ogni decimo di secondo. Per SCELTA. Non credo che l'operaio faccia l'operaio perché gli piace giocare con la Nera Signora. Anche se non ci fossero i soldi e la tivù, sarebbe lo stesso. E' un modo diverso di vivere la vita e, quindi, la morte. Se avessero spento le telecamere e avessero minacciato i piloti di ritirar loro l'ingaggio, forse (dico forse) avrebbero corso lo stesso. E' il loro modo per rendere onore a uno di loro e per esorcizzare i propri fantasmi. Forse è una depravata concezione della professionalità, o forse è solo un modo diverso di vivere la morte. Dico che il mio non è un modo per difendere nessuno, ma di spiegare che forse non c'è mancanza di rispetto se accettiamo che in altre vite i parametri siano diversi.

Cito Dovizioso, due settimane fa scampato a un incidente uguale. A lui è andata bene. "A Brno ero a terra e sono stato evitato da Valentino Rossi. Quando non succede non ti rendi conto, quando c'è voglia di ottenere risultati non pensi altro ed è come se non avessi rischiato niente. Viviamo fuori dalla realtà? Più o meno sì". Alla fine riusciamo a farla finita quando, per farmi capire che hanno capito, dicono: "La stessa logica dei gatti in amore che attraversano la strada senza guardare". Dico "già".
La morte di Tomi m'ha fatto capire che la tolleranza è nei confronti di chi la pensa allo stesso modo. Anche sulla morte.


mercoledì 1 settembre 2010

Piccoli aneddoti storici per chi vuole scoprire che il motociclismo al femminile non è una notizia così fresca.

PILOTE. La prima gara motociclistica femminile si è svolta nel 1897 (milleottocentonovantasette) a Parigi: erano in 11 a correre. L’anno dopo erano in 11 piloti maschi a correre la Parigi-Nizza: una donna arriva quarta. Nel 1905 l’inglese Muriel Hind prende la licenza di corridore e l’anno dopo vince la sua prima gara a Edimburgo, poi progetta una bicilindrica a V e va a farci le gare di trial: è stata la prima giornalista di moto del settore ed è stata eletta come membro a vita della "Association of Pioneer Motor Cyclists". Nel 1948 Vittorina Massano, 15 anni non ancora compiuti, partecipa fuori classifica a una gara in salita in sella a una Mondial 125 e fa il miglior tempo, ma la prima campionessa italiana fu Vittorina Sambri, un portento, già dal 1913 e poi sempre protagonista negli anni Venti nelle gare con gli uomini. Ma chissà com’è, tutti pensavano che fosse un maschio e la seguivano in spiaggia per scoprire il segreto.

…E AVVENTURIERE. Nel
1911 una miss inglese dà scandalo perché se ne va in moto da sola da Coventry a Londra, poi però le regalano un anello di brillanti come premio. L’anno prima l’americana Clara Wagner partecipa a una gara di resistenza da Chicago a Indianapolis: partecipa si fa per dire, perché alle donne non era permesso gareggiare, ma quando arriva al traguardo (senza penalità) i piloti uomini le danno una medaglia d’oro, per l’impegno. Nel 1915 una texana attraversa gli Usa in Harley-Davidson col suo cagnolino. Nel 1931 la tedesca Hanni Kohler monta su una BMW e se ne va in India. Nel 1935 Theresa Wallach ha diciassette anni e parte in sidecar per Città del Capo, attraversando il deserto del Sahara. Nel 1953 l’italiana Anny Ninchi Cacciaguerra parte da Pesaro per Nuova Delhi, in India, in Lambretta: “Mi annoiavo, cercavo qualcosa che potesse cambiare la mia vita, non sapevo guidare, mi fecero un corso accelerato”. Nel 1991 Monika Vega finisce sul Guinness dei Primati: ha fatto il giro del mondo in solitaria (83.500 km, 53 Paesi, 444 giorni) su una Honda MTX 125. Ha scelto una 125, una Varadero stavolta, anche la francese che è partita a giugno da Parigi: tra pochi giorni arriverà a Tokio.

Qui la più bella carrellata di foto d’epoca sulle motocicliste:
http://www.motocicliste.net/motocicliste/storia.asp

lunedì 24 maggio 2010

La mia telecronaca della MotoGiPì: round 3 Le Mans



Per il III round del motomondiale, mi sono trasferito, temporaneamente, in Romagna. Era mio desiderio rilassarmi e mio fratello, il Lord, me ne ha offerto l'opportunità: un week-end al mare. Ho accettato al volo, ma avrei dovuto insospettirmi, avrei dovuto sentire la puzza di bruciato o, quantomeno, quella dei pannolini di Chicco, la mia piccola, spassosa e maleodorante fregatura: un pupo di 15 mesi che non riesce ancora a dire “zio”, ma che ha già le idee chiare su quello che vuole o su come non farti seguire la MotoGP. Il week-end prevedeva, se non fosse ancora chiaro, il servizio di baby-sitting.

Sarebbe potuto succedere in qualsiasi altro fine settimana e, invece, è accaduto in quello di una finale di Champions League memorabile (sì lo ammetto, ogni tanto guardo anche il calcio) e di una super classica della MotoGP, Le Mans.

Sono riuscito a sbirciare la vittoria dell'Inter portando a passeggio il pupo. Di tanto in tanto mi fermavo in prossimità di un bar o di una finestra, e rubavo con lo sguardo qualche azione. Invariabilmente il piccolo Enrico iniziava a protestare per queste soste, a suo avviso, immotivate. E come dargli torto?

Per quanto riguarda la MotoGP, ho puntato a sfiancare il piccolo per tutta la domenica mattina, nella speranza che l'orario della gara coincidesse con quello del suo pisolino. Non c'è stato niente da fare: non solo ha resistito a una prolungata camminata sotto il sole, ma è arrivato, al contrario del sottoscritto, fresco e pimpante al ristorante dove avevo deciso di seguire la gara. In fondo il mio ideale era abbastanza semplice: Romagna, birra fresca, ristorantino sulla spiaggia e grigliatona. Avete letto bambino inzozzato di pomodoro nel mio programma?

Dopo i preamboli, ecco la nuda telecronaca:
Pre-partenza. Dopo il warm-up, Lorenzo indossa il costume da bagno. Stoner quello da Gabibbo. Ordino la grigliata, mentre Simoncelli e Melandri corrono al negozio di cartucce. Ma com'è che corrono solo lì? Enrico dice: “tattaratttatà”. Non ho ben capito se stia incitando i piloti a partire o il cameriere a portare la pasta.

Partenza: Rossi scatta in testa inseguito da Lorenzo e Pedrosa. Indossato il bavaglio, Enrico non teme la salsa di pomodoro e si tuffa – letteralmente – in un piatto di pasta, mentre attendo con pazienza l'arrivo della mia grigliata di pesce. Alla fine del primo giro, Simoncelli si sistema la chioma, Lorenzo il costume da bagno. Dopo un paio di giri appare chiaro che Lorenzo è in giornata, ma pure Enrico non è da meno e finisce il suo piatto di pasta, anche perché più di metà viene equamente distribuita tra pavimento, tavolo e vestiti di tutti coloro che stanno nel raggio di tre metri; io attendo la grigliata.

Stoner finisce a terra. Enrico ha la faccia completamente rossa e non perché è ducatista: ha salsa di pomodoro ovunque. Ma come diavolo ha fatto? Stoner a cadere intendo. In questo momento non so chi dei due assomigli di più al Gabibbo.

Dovizioso recupera dovizioso. E Pedrosa tiene il passo dei primi due: oggi le Honda sembrano andare anche al di fuori della Moto2. I camerieri invece no, dov'è la mia grigliata? Il pupo ha già finito e io devo ancora iniziare. Ora chi lo tiene?

Lorenzo passa Rossi. Ora chi lo tiene? Forse corre con una mille, ma oggi Lorenzo è una scheggia, troppo veloce anche per il dottore, come Enrico lo è per me. Arrivata la grigliata perdo progressivamente interesse per una gara che piomba nella noia. Porgo alcuni gusci di mitile al pupo che ne sembra incuriosito.

Lorenzo prende margine. Enrico, invece, prende di mira lo zio con i gusci di mitile.
Pedrosa perde il duello con Dovizioso e dimostra perché non è ancora in grado di vincere il mondiale. Enrico, ha una mira eccezionale per l'età.

Lorenzo vince. Ma che fa? La scenetta alla Valentino? Ma non ne bastava uno? Enrico si lamenta: nel cinema di Lorenzo non danno nemmeno i cartoni animati, maddai.


martedì 18 maggio 2010

Dritti a Northwest - giorni 7 e 8: the perfect pint

Serve un degno finale per questo viaggio, qualcosa che rimanga impresso nella memoria e, possibilmente, in un archivio un po' più affidabile. Il vulcano ha smesso di tenerci in ostaggio e, nel momento in cui vi scrivo, ho già le gambe infilate sotto alla scrivania. Dall'ultimo post è passato un giorno, in cui abbiamo smesso i panni dei motociclisti per indossare quelli dei turisti.

Serve un degno finale per questo viaggio e questo finale è Dublino, il punto da cui siamo partiti. Se andate a Dublino, vi accorgerete che ci sono sostanzialmente due cose che potete fare:
1 - bere una Guinness
2 - ordinare una Guinness.

Da qualche anno è possibile farne una terza:
3 - vedere dove fanno la Guinness.

In realtà la Guinness Storehouse è un'attrazione turistica che vi farà sì appassionare alla bevanda scura, ma che non vi permetterà né di vederne la produzione, né tanto meno di carpirne la famosa formula segreta. Ciononostante merita sicuramente una visita e non solo perché compresa nel prezzo vi è la degustazione di una pinta di Guinness, ma perché vi farà scoprire aneddoti e dettagli che compongono, oltretutto, una parte della storia dublinese.
Inoltre potrete spillare la vostra prima Guinness (a meno che non lavoriate già in un pub) e ricevere un attestato che dimostra la vostra abilità, proprio come quello che mi sono guadagnato e che vedete qui sopra.

Guinness a parte (non vorrei non passare per un alcolizzato o un fanatico della famosa stout irlandese, anche se temo sia ormai troppo tardi) Dublino val bene una sosta, per cui se avete intenzione di recarvi alla North West 200, fareste bene a considerare almeno un giorno in più per visitare la capitale dell'EIRE. Di sicuro, se avete meno di 60 anni, la maggior parte del tempo la passerete nella zona di Temple Bar (dove Bar sta per sentiero e non per bar). Qui si ritrovano i giovani di tutte le età in una delle più impressionanti concentrazioni di pub del mondo. Musica dal vivo, fish & chips e fritture varie, artisti di strada... Impossibile non fare tardi e rischiare di perdere l'aereo per tornare a casa l'indomani mattina.

Quanto a noi, ritornati ancora euforici dall'esperienza della nostra prima North West 200, siamo ancora un po' confusi e frastornati. Solo di una cosa siamo convinti, non rimarrà la nostra ultima North West. Quanto a voi, vi prego di portare ancora un po' di pazienza, cercherò di spiegarvi che cosa questa gara, e l'Irlanda, hanno di magico.

domenica 16 maggio 2010

Dritti a North West - giorno 6


Questo sarebbe dovuto essere l'ultimo post di questo viaggio, ma così non sarà. A deciderlo per noi è stato un vulcano dal nome impronunciabile che ha trovato un modo singolare per far parlar di sé. Contestualmente, in tutta Europa, l'amore nei confronti dell'Islanda sta crescendo a dismisura.

Cosa sto cercando di dirvi? Che siamo rimasti bloccati in Irlanda e precisamente a Dublino, il punto di partenza di questa nostra piccola avventura.

Stamane, sotto una pioggerellina fine, abbiamo caricato le borse sulle moto e siamo partiti da Ballymena alla volta di Dublino. Un viaggio di ritorno rapido, senza particolari emozioni, durante il quale la pioggia si è alternata con il sole, il grigio delle nuvole con l'azzurro pazzesco del cielo d'Irlanda cantato dalla Mannoia. Solo due soste durante il tragitto: la prima per un caffè in un mercatino delle pulci (lasciate perdere, non c'è posto in cui lo sappiano fare) e la seconda per un piatto di sausages with chips (questo invece lo sanno fare eccome).

In poco più di due ore siamo da Liam e da Paul, i nostri Celtic Riders, che ci accolgono come vecchi amici. Chiacchieriamo delle moto, del viaggio, dell'Irlanda e della gara. Scattiamo un paio di foto ricordo, ci scambiamo un paio di adesivi e ripartiamo per l'aeroporto. Qui, però, è tutto bloccato causa vulcano. Ci tocca rimanere a terra, ma poteva andarci peggio, no? In fondo quante volte capita, nella vita, di passare il compleanno a Dublino? Una città ricca di attrattive e, soprattutto, di pub... e la città natale della Guinness!

sabato 15 maggio 2010

Dritti a North West - giorno 5

Quello che si vede alla North West non si può vedere altrove. E non mi riferisco tanto all'aspetto agonistico che, per quanto mi riguarda, passa per certi versi in secondo piano, almeno per chi, come me, arriva qui la prima volta. Ciò di cui parlo, e che rimane impresso proprio qui dietro agli occhi, è l'esperienza, la socialità, il clima di festa che congiunge l'evento sportivo con la sagra paesana passando per un entusiasmo e un pathos inspiegabili con la razionalità.
La North West non è la sfida incosciente di alcuni pazzi all'oscura falciatrice, la North West è il tributo di migliaia di persone alla velocità e alle due ruote.

L'Irlanda del Nord non ha una tradizione di turismo e fino a qualche anno fa non era tra le mete più ambite. Forse è anche questo a suscitare, nella gente di qui, un grande spirito d'accoglienza nei confronti degli stranieri. Sono orgogliosi del proprio Paese e sono orgogliosi di poterlo mostrare e raccontare.

La gara si è svolta in maniera perfetta, senza incidenti e senza che le frequenti piogge rovinassero lo spettacolo. Soltanto uno spettatore, prima ancora del via della prima gara in programma, la SBK, ha deciso di far ritardare il tutto scivolando da una scogliera. Anche in questo caso, però, l'organizzazione ha dimostrato prontezza e competenza. Lo spiegamento di forze attorno alla North West fa impressione e nulla (o quasi) pare lasciato al caso. Nonostante ci siano quasi duecentomila spettatori, non si ha mai il senso né di confusione né di pericolo e tutto si svolge nella maniera più rilassata. L'unico inconveniente è rappresentato dal traffico, per forza di cose paralizzato.

Tra il pubblico, c'è chi si attrezza in giardino, con palchetti improvvisati, per vedere meglio le moto che sfrecciano a duecento all'ora davanti al proprio cancello e c'è chi si accomoda in tribuna, senza muoversi di un millimetro per tutto il giorno. In ogni caso non c'è mai confusione, benché ci sia una massa impressionante di gente ovunque. Anche i chioschi non sono presi d'assalto: c'è la fila.
Incredibile come anche chi alza il gomito riesca a mantenere un atteggiamento civile; un po' barcollante, magari, ma civile. E tutti attaccano bottone con tutti e a ben pochi importa se il mio inglese è zoppicante perché il desiderio è quello di comunicare, di interagire.

I piloti girano tra la gente che visita i paddock, chiacchierano tra loro, si scambiano opinioni mentre i meccanici si scambiano cacciavite o attrezzi vari: ci si aiuta, perché si è tutti lì per lo stesso motivo e con la stessa voglia. C'è rivalità, è ovvio, ma c'è anche solidarietà e correttezza. E quando scatta il semaforo, la gara è vera. Alcuni di loro corrono praticamente in ogni classe. Ad esempio Micheal Dunlop, figlio di Robert, partecipa a tutte le categorie ad eccezione della 125. Ma non è il solo: la decina di piloti che punta alla vittoria e ad entrare nella storia delle corse su strada, è vorace di gare perché più partenze significa più possibilità di vincere e più possibilità di essere riconosciuto e ricordato. Un po' come gli eroi della Grecia antica.

venerdì 14 maggio 2010

Dritti a North West - giorno 4


Orde di centauri spuntano all'orizzonte e prendono possesso della città di Ballymoney, il principale centro urbano vicino al “triangle”, e delle zone limitrofe, accolti calorosamente dalla popolazione locale che accetta di buon grado l'intasamento delle viuzze e dei bar. Perché la North West è passione senza riserve, ma è anche business. Rappresenta l'attrazione principale per queste zone, l'unico evento in grado di portare qui una massa tale di turisti.

È la vigilia della gara e l'invasione su due ruote è ormai evidente. Prima di entrarci con entrambe le scarpe e diventarne parte, però, spendiamo buona parte della giornata sulla strada costiera che porta alle famose “Giant's Causeway”, le rocce di basalto dall'incredibile forma esagonale. Non ci sono aggettivi in grado di descrivere un simile paesaggio e il solo che mi viene in mente è unico. Come motociclista sono, però, più attratto dalla strada che vi ci porta, un tripudio di saliscendi, curve dolci e scorci di oceano. La fatina del bel tempo, oggi, ci grazia e il cielo è terso e la temperatura è perfetta per andare in moto. Strabuzziamo gli occhi e siamo emozionati come non c'era ancora capitato.

Arriviamo a Ballymoney e anche noi, come le migliaia di motociclisti che vengono qui, ci fermiamo a rendere omaggio ai fratelli Dunlop, Joey e Robert. Scomparsi in gara – il primo a Tallin e il secondo proprio qui alla North West due anni fa – rappresentano la storia delle corse su strada e l'icona del pilota eroe come viene visto dalla gente di qui. Due giardini posti l'uno di fianco all'altro ne commemorano le figure e le gesta sportive e, poco lontano, un piccolo museo raccoglie alcuni cimeli, racconta la loro avventura e quella degli altri idoli. I motociclisti vengono qui, portano dei fiori o anche solo un saluto ai due illustri caduti e poi si fermano al bar dedicato a Joey, considerato da tutti “the king of road races”. Si radunano a centinaia e fanno la spola tra qui e la zona della gara, sulla costa.
Così facciamo anche noi e torniamo a Portstewart per gironzolare nei paddock. Facciamo qualche chiacchiera in giro, cerchiamo di capire chi sono i favoriti per ogni categoria. Giriamo nell'accampamento - perché di questo si tratta - dove vivono i piloti per tutta la settimana della gara. Un camper, una roulotte o, in molti casi, una tenda e il sedile di un'auto, un gazebo con dentro la moto smontata e pezzi sparsi qua e là, ma sempre con ordine.

Incontriamo Stefano Bonetti, uno dei due piloti italiani che domani correranno la North West e ci facciamo raccontare un po' di cose sulla corsa e su di lui, sul perché un ragazzo debba partire da Bergamo con un camper per venire fin quassù per correre, ma questo, a voi, lo racconto un'altra volta perché ora si è fatto tardi e domani è il grande giorno.
La chiusura delle strade ci impone di raggiungere la zona della gara di buon'ora, per cui, buonanotte.

Nella foto, "the dark hedges", uno degli spettacoli più incredibili della campagna irlandese, un intreccio fiabesco di rami nei pressi di Ballymoney. E se guardate bene, in fondo, quel punto nero per terra è il nostro fotografo Max, in piena estasi creativa.

Dritti a North West - giorno 3


Questa sera cominciamo dal fondo.
Dal fondo di una pinta di Guinness – forse la quarta, non è ben chiaro – che decreta ufficialmente il termine della giornata e della chiacchierata tra un francese che parla un po' di italiano, un italiano che non parla inglese, un italiano che parla poco e male qualsiasi lingua e un irlandese che guida i bus. Di tanto in tanto un brindisi, un commento sui soliti massimi sistemi, e la voglia di condividere una serata in un pub dell'Irlanda del Nord. Per la precisione ci troviamo a Ballymena, non troppo lontano dal “triangle”, il circuito della gara. (E per la cronaca le moto sono parcheggiate tranquille, non dobbiamo guidare)
Proprio oggi abbiamo assaggiato l'atmosfera e l'asfalto che dopo domani ospiterà la gara: abbiamo anche fatto un giro del tracciato, al termine delle qualifiche. Già, perché il tracciato è la strada che normalmente collega Portrush, Portstewart e Coleraine e per questo è detto “the triangle”. Una strada normale, anzi stretta e costiera, che viene chiusa al traffico per qualche ora, giusto il tempo di registrare il miglior tempo: non ho visto quello di oggi, ma per le Superbike (ho detto proprio Superbike) è di circa quattro minuti e mezzo. Niente male se si considera che il percorso è di circa 14 chilometri...

Un sacco di motociclisti vengono qui per assistere all'evento, qualifiche comprese. Tutti sono amici di tutti. E agli abitanti questa invasione non dispiace: ad ogni casa c'è un cartello che invita i bikers a fermarsi per un breakfast o per dormire, e tutti scendono in strada per assistere alla manifestazione. Un po' come una sagra paesana.

Anche quella di oggi è stata una giornata impegnativa: tanto per cominciare io e Giovanni abbiamo stabilito un nuovo record, riuscendo a perderci l'un l'altro prima ancora di uscire dal parco dell'hotel. Poi abbiamo girovagato per la campagna in uno dei punti più a nord dell'Irlanda, alla ricerca di alcuni pazzi che noleggiano degli hovercraft. Li abbiamo trovati...
Andy, uno dei ragazzi che ha iniziato questa singolare attività, ci ha spiegato che avevano “a lot of caws, sheep and fields...” e, dato che né le mucche né le pecore sanno essere divertenti, hanno pensato bene di sfruttare i fields per scorrazzare con mezzi improbabili come hovercraft e buggy.

Prima di cena, però, al nostro fotografo è venuto in mente che sarebbe stata proprio bella una foto in riva all'oceano, su una spiaggia di ciottoli. Per fare uscire la GS dai ciottoli, abbiamo sudato sette camicie. Chi passava e ci guardava dall'alto del dirupo scuoteva la testa e, appena ripondevamo "Italy" alla domanda "where are you from?", se la ridevano e dicevano "itagliani tuti pazi". Poi, però, scendevano e ci davano una mano.
Qui sono tutti solidali con i motociclisti, anche quelli un po' pazzi.

photo credit: Massimiliano Serra

mercoledì 12 maggio 2010

Dritti a North West - giorno 2


Il sole bussa alla finestra del nostro hotel in Temple Bar e ci svegliamo con rinnovato spirito da esploratori. Il traffico prima e un meteo presto capriccioso non ci invitano a prolungare di molto la nostra permanenza nella fascinosa Dublino. Tuttavia non possiamo rinunciare a una visita al monumento irlandese per eccellenza: la fabbrica della Guinness!

Dopo aver gironzolato per il centro e reso omaggio alla regina delle birre irlandesi, usciamo dalla capitale e puntiamo verso nord. Non ci mettiamo molto ad essere sorpresi da un altro temporale, così ci fermiamo a Drogheda e capitiamo per puro caso nel negozio di motociclette di Mr Kennedy. Parcheggiamo davanti alle vetrine e facciamo un salto dentro per acquistare un altro paio di pantaloni antipioggia, visto il tempo. Scambiamo due chiacchiere con il rivenditore che ci dà il benvenuto in Irlanda, il Paese dove puoi vedere “four season in one... day”. Gli diciamo che siamo diretti alla North West e in meno di cinque secondi siamo nel retrobottega di Mr Kennedy a chiacchierare con tre generazioni di rivenditori di motociclette irlandesi: nonno, padre e figlio, tutti e tre chiamati James... “E se fosse ancora vivo mio padre” - dice Kennedy nonno - “saremmo in quattro... Quattro James, quattro venditori di moto!”. Ci mostrano con orgoglio i loro cimeli e i loro restauri, tanto che ci è difficile convincerli a lasciarci andare.

Riprendiamo il cammino verso nord seguendo la strada costiera. Ancora qualche goccia di pioggia, ma la giornata volge al meglio proprio mentre superiamo una splendida collina in fiore e ci avviciniamo al mare. Siamo in Irlanda del Nord: ce ne accorgiamo per via delle targhe, di alcune bandiere dell'Union Jack che spuntano all'improvviso e dai limiti di velocità che diventano in miglia.
Dopo aver mangiato un boccone al volo (non privo della cipolla d'ordinanza), attraversiamo Downpatrick e arriviamo allo Strangford Lough che attraversiamo con un ferry. A Portferry ci prendiamo giusto il tempo di un caffè e ci rimettiamo in marcia verso Belfast percorrendo tutta la costa. Vi giungiamo – mannaggia a noi – nell'ora di punta. Il sole e il paesaggio, però ci fanno digerire meglio di ieri il traffico, che in ogni caso non è congestionato come a Dublino. Aggiriamo Belfast e puntiamo verso Ballymena dove ci attende una meritata sauna e una pinta di... Esatto, avete indovinato.
Ah, questa sì che è vita.


photo credit: Massimiliano Serra

martedì 11 maggio 2010

Dritti a North West - giorno 1


Al nostro arrivo all'aeroporto di Dublino, ci accoglie Liam, un fascio di nervi con gli occhi chiari che ci ricorda il Jimi Sommerville dei tempi migliori. Con il van bianco verde di Celtic Rider, Liam ci accompagna a recuperare le moto nel particolare ufficio che divide con Paul, nella campagna a sud ovest di Dublino. Prima di arrivare, però, ci concede una breve sosta ristoratrice in una tipica punchy house, ovvero una sorta di incrocio tra un pub, una distilleria e una nostrana taverna, ovvero una ex distilleria clandestina nella quale il whiskey scorre per tutto il locale in tubi di rame. Inutile precisare che i sandwich di qui sono spettacolari.

Ad accoglierci una BMW R1200 GS nuova di zecca e una R1200 ST di poco più vecchia, borsate di tutto punto. Dopo alcune raccomandazioni – take care of our babies... - e qualche diverbio con Liam sul fatto che siano meglio i motori boxer o i V-Twin, partiamo, ben attenti a mantenere la sinistra e al primo bivio... ci perdiamo. Siamo così concentrati a carpire i segreti delle rotatorie percorse nel senso inverso al nostro che, io e Giovanni – l'altro rider che mi accompagna in questa avventura – prendiamo due svincoli diversi.

Recuperato il contatto, puntiamo dritti e risoluti verso il centro di Dublino, ma ad accoglierci non troviamo l'atmosfera che avremmo desiderato: un nubifragio si scatena sulla capitale proprio nell'ora di punta, quando il traffico è completamente bloccato, per cui, incastrati tra le auto, ci sorbiamo tutta la pioggia e abbiamo un primo assaggio del cielo d'Irlanda.
Possiamo ben dire che il viaggio inizia con il piede giusto.

Raggiungiamo l'hotel in centro, nella Temple Bar, una zona piena di locali e giovani. Alle sei di sera i pub sono già pieni, ragazzi e ragazze ci salutano con le Guinness in mano. Ovvio che la nostra prima preoccupazione sia quella di raggiungerli. Prima però dobbiamo asciugarci e sistemare le borse in camera.

La sera gironzoliamo per il quartiere, ceniamo in un tipico ristorantino irlandese, ma la pioggia (e il raffreddore) ancora una volta ci scoraggia proprio nel momento in cui afferriamo le moto per andare alla scoperta di Dublino.

photo credit: Massimiliano Serra

lunedì 10 maggio 2010

Dritti a North West - giorno 0

Cari afecionados di Real-Bikes, il lunedì volge al termine e in redazione c'è trepidazione.
A dire il vero in questo momento sono tutti impegnati a far dell'altro, ma io sono trepidante.
Perché, vi starete chiedendo. Cosa ci si potrà mai aspettare ancora da un lunedì piovoso, con temperature invernali benché sul calendario sia comparsa la scritta maggio già da dieci giorni?

Dal lunedì nulla, ma dal martedì...
Domani mattina, un selezionato manipolo di tre uomini verrà spedito in Irlanda per documentare una delle gare su strada più folli del mondo: la Northwest 200.

Sarà soprattutto l'occasione di conoscere un paese che tanto ha dato alla storia e alla civiltà, ovvero la Guinness.
Sono in corso gli ultimi preparativi: ad attenderci a Dublino ci saranno due fiammanti BMW con le quali raggiungeremo l'Irlanda del Nord, le cittadine di Portrush, Coleraine e Portstewart, dove si corre per l'appunto la Northwest 200.

State sintonizzati, vi aggiorneremo day by day sul nostro viaggio.

Eyafjallajokull permettendo.

martedì 4 maggio 2010

Gli Awards 2010 dei Gesti Inconsulti


Ecco a voi la speciale classifica dei gesti inconsulti commessi nel 2010

5° classificato: dimostrare l'evidenza della superiorità femminile ingurgitando tutto d'un fiato il contenuto di una bottiglia d'acqua di capacità stimata in 1,5 lt. Autrice: Daniela

4° classificato: immergersi nelle acque cristalline della Sardegna, guardarsi attorno cercando sguardi compiacenti e scoprire, causa leggera vibrazione del costume, di aver fulminato il cellulare nuovo di zecca acquistato qualche giorno prima. Autore Massi

3° classificato: attraversare il ponte tibetano di un parco avventura spagnolo calzando dei pratici stivali da enduro. Autore Nick

2° classificato: guardare negli occhi Nick, Massi e Daniela ed esclamare: “sì, io credo in voi!” Autore Aronne

Eppure, nonostante gli sforzi della redazione di Real-bikes, c'è chi ha fatto meglio:

1° classificato: vincere un Gran Premio, festeggiare tuffandosi in una pozza d'acqua e, nello stesso momento, ricordarsi di non saper stare a galla e di essere alti poco più di un metro e una biglia. Autore Jorge “el conquistador” Lorenzo

La mia telecronaca della MotoGiPì: round 2 Jerez


Domenica si è svolto il secondo appuntamento del Motomondiale a Jerez de la Frontera.
C'è chi la gara la commenta dalla sala stampa, chi annota sul taccuino da comode tribune. Io, per adempiere ai miei doveri di cronista di Real-Bikes e memore della prima gara, ho optato per un bar vicino casa, selezionato con cura: atmosfera familiare, schermo ben posizionato, poca gente e generi di conforto in grande quantità. Il posto ideale per godersi una gara di moto.
Purtroppo, però, nemmeno questa volta ero solo...

Semaforo rosso, sete, conoscenza dei compagni del bar.
Io: Una birra, grazie
Barista: Come fai a guardare la TV e contemporaneamente il computer? Guarda che così diventi cieco. O almeno scemo.
Io: Mah, sarà l'abitudine. Senta, non è che insieme alla birra mi può portare anche un toast?
B: Dammi pure del tu. Ho cinquant'anni, mica duecento. Certo che voi giovani, non riuscite proprio a staccarvi da feisbuc, ai miei tempi le donne io le corteggiavo dal vivo.
Io: No è che devo lavorare... devo solo scrivere un resoconto sulla gara della MotoGP...
B: Apperò! Quindi cosa sei una specie di giornalista?
Sentito, ragazzi, abbiamo l'esperto. Dai, dicci chi vince oggi?
Io: Mah, non saprei. Jerez è una pista da sempre favorevole a Lorenzo.
Avventore n°1: Ehi tu, non portare sfortuna. Oggi l'Ispanico si mangia il dottore, te lo dico io. Guarda com'è concentrato. È ufficiale, l'era di Rossi sta tramontando.
Avventore n°2: Ma smettila. Il Valentino l'è sempre il migliore. E anche oggi non ce ne sarà per nessuno, guarda come parla alla sua moto, si vede che c'è filin.
Avventore n°3: Ma quelle ragazze lì, per tenere l'ombrellino, le pagano? No perché io c'ho una sorella disoccupata...

Terzo giro, Pedrosa in fuga, la birra pure.
Barista: Pedrosa? Ma lo fanno correre ancora? Io col vespino gli dò paga.
Avv2: Come volevasi dimostrare, il Valentino è sempre lì. Guardalo, tempo due giri e al Pedrosa gli passa sulle orecchie gli passa, t'al disi mi.
Avv3: Scusa, ma... curiculummvite, come si scrive?

Decimo giro, toast salato, birra finita.
Io: Potrei avere un'altra birra?
B: Ragazzo, non si beve quando si lavora, ricordatelo. Bottiglia o spina?
Avv2: Non capisco perché il Vale non attacca.
Io: Ha dolore a una spalla, non è al meglio.
Avv2: E come mai? Cosa si è fatto?
Io: E' caduto mentre si allenava con una moto da cross.
Avv1: Bravi, bravi. Continuate a credere ai giornali... Ve la dico io la verità: un mio cugino che è di Fano ma che ha un'amica che lavora a Pesaro mi ha detto che l'infortunio è tutta una montatura. Il Rossi l'hanno trovato in balera che ballava il limbo con sei veline! Altroché!
Io: Ma le veline non sono due?
Avv1: Eh, e quelle degli anni passati? Dove le metti?
Avv3: Dite che a Striscia cercano? No perché mia sorella col rosso sta benone.

Diciottesimo giro, Lorenzo in rimonta, patatine sfuse e terza birra.
Avv1: Lo sapevo, l'Ispanico si è svegliato. Solo contro tutto e contro tutti. Soprattutto contro di te, menagramo di un giornalaio.
Io: Ma io...
Avv2: Niente da fare, il Vale oggi non c'è. Veline o non veline, oggi non è lui. Pare Pedrosa, solo più alto.
Io: Beh, insomma, vorrei far notare che non è propriamente un tracollo. Se resiste agli attacchi di Lorenzo, male che vada arriva secondo.
Avv2: Arrivare secondo è niente, per uno come lui.
Avv3: Senti un po' te che lavori con i giornali. Come si entra nel mondo dello spettacolo? La vuoi vedere la foto di mia sorella?

Ventiduesimo giro, Lorenzo supera Rossi, abbandonata la birra, opto per un caffè.
Avv2: Uè, giornalista, appena apri bocca, succede qualcosa. Mi sa che ha ragione il mio compare, tu porti sfortuna.
B: Non ti azzardare a chiedermi come vanno gli affari eh... Senti un po', menagramo, dopo il caffè vuoi dell'altro?
Avv1: Fate silenzio! L'Ispanico si sta apprestando a conquistare Jerez, dai che lo prendi, dai che lo prendi! In cinque giri può succedere di tutto! Vai Giorgio!
Io: Ma chi sei? Reggiani?

A gara finita, si tirano le somme.
Avv2: Avrà anche fatto una bella rimonta, però prendere la gente a spallate non è corretto.
Avv1: Parli proprio tu? E il tuo Valentino allora? Non ha fatto la stessa cosa con coso, con Gibernau?
Io: Beh... sì nel 2004.
Avv1: E tutti a osannarlo! Soprattutto quelli come te, giornalaio menagramo e non fare finta di niente!
Io: Ma io veramente...
Avv3: Se la prossima gara passi di qui, ti faccio conoscere mia sorella, chissà...
B: Ecco bravi, passa di qui così diventate parenti. E magari facciamo pure il banchetto di nozze nel mio bar. Intanto, però, vedete di pagare le consumazioni di oggi, che io non sono mica Pedrosa e se provate a farmi fesso divento più cattivo di Fogarty...

giovedì 22 aprile 2010

Harley-Davidson The Legend on Tour, l'anteprima


A giorni potrete gustarvi su Real-Bikes.com il video realizzato durante l'appuntamento sul circuito di Franciacorta di The Legend on Tour, evento itinerante H-D che permette agli appassionati di toccare e provare la gamma americana. Per ingannare l'attesa voglio raccontarvi chi sono i protagonisti di questo video, come sono riusciti a partecipare e, soprattutto, perché questo potrebbe interessare anche a voi.

I due ragazzi ritratti dal nostro fotografo Max, sono due (e non gli unici due) lettori di Real-Bikes. Uno, quello che si crede Jim Morrison, si chiama Alessandro ed è un ducatista; l'altro, quello che invece si crede un motociclista, si chiama Marco e guida una BMW.

I due amici, dopo aver visto il video di Nick e del Lord in groppa alla Yamaha R125 (vedi qui), hanno preso coraggio e ci sono venuti a trovare. Dopo i complimenti per la trasmissione, probabilmente mendaci, Alessandro ci ha svelato il vero motivo della visita in redazione con queste parole:
Noi vorremmo tanto partecipare a un vostro video. Sono anni che lo desideriamo. Anzi, fare parte di RB, anche solo per un giorno, è il sogno della nostra vita” - beh, più o meno queste parole - “Faremmo qualsiasi cosa per voi, davvero. Volete provare la resistenza ai muri di uno scooter sud-coreano? Basta dirlo, guidiamo noi. Però, nel caso non vi fosse facile trovare uno scooter o un muro, noi una proposta da sottoporvi già ce l'abbiamo”.

Ah, sì? E quale?

Per esempio potreste darci, che so, per una settimanina, una 1198S e una S1000RR. Certo l'ideale sarebbe una pista congrua, ecco Portimao, ad esempio, potrebbe andare. E poi noi, dopo aver testato a fondo le moto, potremmo sottoporci a un'intervista doppia, che ne dite? Un'idea geniale, vero?

La loro protervia è stata subito accontentata: abbiamo preso il clone di Morrison e il suo solido compare biemwuista e li abbiamo mandati dove volevano, ovvero in pista. Ma anziché due supersportive gli abbiamo fatto trovare due Harley-Davidson. La nostra di ambizione era quella di vedere come avrebbero reagito all'esposizione prolungata all'odore di cuoio invecchiato, al suono del sano Rock a tutto volume e alle vibrazioni di un bicilindrico di Milwaukee spremuto in pista, quello della nuova XR1200X.

Finita l'anteprima è ora di spiegarvi perché tutto ciò potrebbe interessarvi: abbiamo intenzione di ripetere l'esperimento sociologico, anzi ci piacerebbe farlo diventare un'abitudine. Vorremmo farvi provare delle moto e sapere cosa ne pensate. Mica possiamo usare sempre 'sti due, no?
Che fate, venite voi?
La nostra mail è sempre la stessa: info@real-bikes.com. Candidatevi e siate convincenti.

Photo credit: Massimiliano Serra per Real-Bikes.com

lunedì 12 aprile 2010

La mia telecronaca della MotoGiPì: round 1 Losail


Il GP di Losail, il primo della stagione, si è svolto, come consuetudine in orario notturno. Un momento in cui difficilmente si è alla propria scrivania, per cui, se si ha la necessità lavorativa di produrre un resoconto il più possibile tempestivo, si è obbligati a seguire la competizione a casa in compagnia dei propri familiari, siano o meno appassionati della massima disciplina motociclistica.
Per farvi capire cosa intendo vi riporto uno stralcio dei dialoghi avvenuti tra il sottoscritto e la propria compagna (che per convenzione chiameremo A), proprio ieri sera, mentre la TV trasmetteva la prima gara del Mondiale.

Domenica sera, soggiorno, divano, pc sulle gambe, gatto sul poggiolo e fidanzata affianco.
A: amore, dov'è che corrono?
M: in Qatar, in mezzo al deserto.
A: perché corrono di notte?
M: scenografia. Le luci che illuminano la pista creano un bell'effetto.
A: ma se sono in mezzo al deserto, e per di più di notte, non c'è nessuno spettatore?
M: Ci sarà qualche sceicco.
A: beh, ma gli sceicchi non sono così tanti da riempire tutte quelle tribune
M: ma non hai contato le mogli....
A: vuoi un po' di patatine?
M: grazie amore, molto gentile

Primo giro
A: Chi è quello?
M: Stoner
A: E quello?
M: Rossi
A: E quello?
M: Pedrosa
A: Ah lui lo conosco, è quello che chiamano “camomillo”! Ih ih!
M: già...
A: E quello?
M: è sempre Stoner, ha solo perso una posizione.
A: stai mangiando le patatine? Non farle finire tutte a me.
M: Certo che le mangio, ma con una mano sola. Sennò ungo il pc.
A: Però, che fantasia. Hanno le moto uguali a due a due.
M: ottima osservazione. I team, infatti, sono generalmente composti da due piloti con moto, almeno graficamente, identiche.

Cade Stoner...
A: Oddio, s'è fatto male...
M: Ma no, è solo scivolato, guarda è già in piedi.
A: meno male, chissà come sarà in pena la moglie...
M: è il loro mestiere. Qualche caduta va messa in conto.

Ottavo giro
A: Allora, vediamo se ho capito: Stoner ha 27 anni. Pedrosa, ne ha 26. Valentino, dunque... ne ha 46. Però, lo facevo più giovane. Mentre Dovizioso... mmmh. No, c'è qualcosa che non va.
M: ecco, meno male.

Decimo giro
A: Valentino adesso è tutto solo. Facile vincere così.
M: Insomma, non è così facile.
A: quindi tu tifi per Valentino?
M: tifo per le belle gare...
A: e quello con la moto di Valentino chi è?
M: Jorge lorenzo
A: ed è bravo?
M: Certo, quando non finisce per terra.
A: vedi che tifi Valentino? Allora io tifo per Lorenzo.
M: fa' un po' quello che ti pare.
A: Ma loro (Rossi e Lorenzo ndr) non sono amici?
M: bah, sono rivali.
A: ma compagni di squadra, non dovrebbero aiutarsi?
M: il più grande rivale di un pilota è proprio il suo compagno di squadra.
A: storie di donne? Rivalità amorose?
M: No. Queste cose accadono solo in Formula 1.

Quindicesimo giro
A: dai finisci le patatine. Le sto mangiando tutte io.
M: Sì. Fammi finire di scrivere e poi mangio tutto quello che vuoi.
A: Mamma mia quanto stanno vicini, ma non si toccano?
M: alle volte capita. È il bello delle gare.
A: bello un corno, non mi dire che fai anche tu così!
M: In città certe cose non accadono.
A: ma a quanto vanno?
M: queste moto, in circuiti molto veloci raggiungono velocità superiori ai 300 km/h. Qui per esempio fanno i 320 km/h.
A: Caspita. Anche tu vai così veloce?
M: Ehm... No. Corso Sempione, tra un semaforo e l'altro, non è tanto lungo da permettermelo.
A: Ma quanto costano queste moto?
M: il loro valore si aggira sui due milioni di euro.
A: Così tanto? E chi è che spende così tanto per una moto? E poi dev'essere pure scomoda.
M: è un prototipo. Non gira per strada. Non si compra da un concessionario.
A: Però quel telecronista tutto agitato parla di Honda, Yamaha e Ducati. Quelle si comprano dal concessionario.
M: Sì, ma sono dei prototipi, sono costruiti dai marchi che hai citato esclusivamente per fare le corse, non sono in produzione.
A: Ah, ho capito.

Sedicesimo giro
A: Quindi Valentino guida una Fiat?
M: ...

Fine della telecronaca familiare. Per pudore e per decenza tralascio i dialoghi avvenuti dopo il sedicesimo giro. La prossima gara la seguirò in ufficio.

Photo credit: auro@flickr.com

giovedì 1 aprile 2010

Motodays, parte seconda - sociologia delle fiere





Il bello delle fiere è che ci vai a vedere le moto in 3d dopo mesi di disegnini o foto rubate sui giornali e il bello degli anni di crisi come questi è che la vera novità dell'anno è una e finalmente te la godi e te la guardi perché gli altri marchi o non ci sono o ti propinano una grafica nuova, un copritelaio un po' meno brutto del precedente, un coprisella compreso nel prezzo o un finanziamento a tasso zero in 60 minirate e la prima la paghi tra 9 mesi. Tutte robe interessanti, per carità, ma che fanno sbattere un po' meno le ciglia: detto questo, c'è da ringraziare la Ducati che a Milano ci ha intrattenuti con MultistradamilledueHypermotardEvoHypermotardSP1198CorseSpecialEditionSeRepuretutteleMonsterconABS e ci sono da ringraziare i sofferenti concessionari che hanno fatto l'impagabile sforzo di riempire quanto hanno potuto i padiglioni di Verona, Padova e Roma. Stando tutti belli larghi.

Ma a Roma l'evento clou c'è stato eccome: la presentazione mondiale di ben tre modelli Yamaha. La FZ8 (nuda e con maniglie del passeggero optional, 8.190 euro a maggio), la Fazer 8 (semicarenata, con maniglie del passeggero di serie, 8.690 euro a maggio) e soprattutto l'attesissima Super Ténéré. A presentarla sono stati Franco Picco, che s'è fatto la prima Dakar 25 anni fa e gli “ha cambiato la vita” perché “le Yamaha cambiano la vita” e nel 2010, con 54 primavere sulle spalle, ci è tornato alla Dakar (che però non è più a Dakar e neppure in Senegal e neppure in Africa, ma questa è un'altra storia, e comunque se volete sapere come gli hanno boicottato la WR450 leggete qui) ed Enrico Pellegrino, Direttore Generale Yamaha Motor Italia, che davanti a una nutrita schiera dei soliti 30 giornalisti ci ha spiegato come questa First Edition ha tutto di serie, incluse le pedane in gomma ad alta deformazione per la guida in piedi, perché non pesa tanto (261 kg in ordine di marcia, tutto compreso) e perché “migliora le qualità della vita”. O meglio le migliorerà anche lei da maggio a 15.290 euro.

Il bello della fiera, però, è che, al di là di queste mezz'orette di presentazioni ufficiali, la fiera torna a essere quello che è sempre stata : “raduno di venditori ambulanti e di compratori, in passato spec. di prodotti agricoli, che si svolge periodicamente in una località in occasione di feste patronali e ricorrenze” (Sabatini Coletti, Dizionario della Lingua Italiana, Corriere della Sera). E così i Motodays della Capitale diventano un po' come la domenica sulla piazza del paese (uno qualsiasi), con tutti vestiti a festa come li vedi sempre nelle ricorrenze (lupetto bianco, cappotto lungo, camicia della banca, giacca di velluto sopra la polo) e tutti a sollazzarsi in un chiacchiericcio amichevole in un aperitivo delle 10.30 (che fa un po' più chic del chiosco di porchetta – a pagamento - ma un po' meno della saletta vip – aggratis - a cui bisogna essere furbetti per accedere). E si inscena pure il rito degli ossequi all'autorità, nel caso specifico al direttore Pellegrino, accompagnato da un folto staff di collaboratori e accolto dalla suddetta nutrita schiera dei 30 soliti giornalisti disciplinatamente disposti su due file con mano tesa e sguardo appena abbassato in segno di rispetto. Un po' come la domenica sulla piazza col sindaco del paese di prima, che non conosci proprio bene ma – si sa – in paese ci si conosce tutti e va sempre bene porgergli la mano per ricordargli che in quel paese ci abiti anche tu.

Poi però, qualche ora e aperitivo dopo, uscita dal Centro Convegni Roma Fiere, Pad. 10, Sala Aurelia, mi sono ricordata che ero a Roma. A ricordarmelo sono stati, in una manciata di minuti, alcuni incontri esemplari: nell'ordine, Dario Salvatori (personaggio radiotelevisivo noto agli adolescenti degli anni Ottanta, anche per il surreale colore dei capelli) a passeggio in solitaria dalle parti di piazza Barberini, una nutrita schiera di manifestanti adolescenti o poco più che per non ben spiegate ragioni – nonostante il megafono – hanno occupato i binari della ferrovia regionale 1 all'altezza della Fiera di Roma, Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico, in uscita dall'Aeroporto di Fiumicino e sorridente assieme a due simili, Cristina Chiabotto tutta sola e in tuta rosa su un volo Alitalia della rotta Roma-Torino.
Ah, Roma, capitale del mondo!